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Hashish Express – La tratta del Nordafrica fa scalo a Ferno

  • Immagine del redattore: ventisette.info
    ventisette.info
  • 9 ott
  • Tempo di lettura: 3 min

Sapete cos'è bello del nord Italia? Che puoi uscire per una passeggiata tra le brughiere del Varesotto e, se hai il naso fino, potresti sentire profumo di resina... e non stiamo parlando di pini silvestri. No, qui siamo a livelli da profumeria internazionale: 180 chili di hashish, mica il sacchettino del tipo con i rasta dietro al liceo.


Hashish Express – La tratta del Nordafrica fa scalo a Ferno

L’operazione, che merita un applauso a scena aperta, è partita martedì 7 ottobre da parte della Polizia di Stato di Busto Arsizio. Fermato un camion a Fagnano Olona, gli agenti non hanno trovato attrezzi da cantiere o bancali di merce: no, nel cassone c’era un bottino da 2 quintali, confezionato con cura, destinazione ignota ma, diciamo, facilmente intuibile.


Alla guida del mezzo, un uomo di origine marocchina, residente a Ferno. Niente precedenti penali, silenzio tombale davanti al giudice, e un curriculum da trasportatore di fiducia per quella che sembra tutto tranne che una sgangherata gang da quartiere.


Sì, perché 180 chili di fumo non li carichi “per caso” nel camion. Serve una rete, una logistica, e probabilmente una tabella Excel che nessuno troverà mai. Il tragitto parte dal Marocco, passa per la Spagna, arriva in Italia come fosse la tratta merci di Amazon. Solo che invece di smartwatch e frullatori, arrivano panetti. E non di burro.


La normalità che non fa più notizia

Siamo ormai talmente assuefatti a certe notizie che leggiamo “180 chili di droga” come se fosse la sagra del salame. Ma proviamo per un attimo a ridare proporzioni alle cose: centottanta chili di sostanza stupefacente sono una montagna, non un “carico sospetto”. È un segnale di quanto strutturato sia questo mercato. E di quanto sia stata strutturata la tolleranza.


Perché tanto lo sappiamo come va: fra poco si parlerà di disagio sociale, mancanza di opportunità, percorsi di inclusione. Tutto già scritto. Intanto però le forze dell’ordine fanno il loro lavoro e, con buona pace dei progressisti da salotto, tocca a loro tappare le falle di una diga che perde da tutte le parti.


Il lato oscuro della logistica

Ma attenzione: non riduciamo tutto al camionista, che pare essere solo il postino della situazione. Il cuore della vicenda è il sistema. C'è un'organizzazione ramificata, solida, efficiente. Quasi da fare invidia a certe imprese italiane strangolate dalla burocrazia e dal costo del lavoro. Ma si sa: nel mercato della droga non ci sono sindacati, ferie o IVA. Solo profitto e silenzio.


E il silenzio, guarda caso, è l’unica cosa che ha scelto di fare l’arrestato davanti al giudice.


Italia terminale, non per i turisti

C’è chi sogna l’Italia come la culla della cultura e chi la usa come hub logistico per il narcotraffico. E non è difficile capire chi vince oggi. D’altronde, se basta prendere un traghetto dal Marocco, due rotonde in Spagna, una sgasata al Brennero e parcheggiare a Ferno con due quintali di roba sotto al sedile, c’è qualcosa che non va. E non da ieri.


Mentre i cittadini si chiedono perché i boschi intorno a Busto non siano più percorribili dopo il tramonto, qualcun altro conta pacchetti e pianifica i prossimi arrivi. Il fatto è che quando uno Stato abbassa la guardia, qualcun altro la alza. E nel traffico internazionale, vince chi non si fa troppe domande.


Una riflessione amara (ma legale)

A questo punto, la riflessione non è tanto sul singolo caso, ma sul contesto. Questo carico non è un’eccezione. È l’ennesima conferma che certe rotte sono attive, certe coperture funzionano e che certi ambienti – più che integrazione – offrono logistica. La “multiculturalità”, da queste parti, spesso arriva impacchettata e pronta allo spaccio.


E mentre si discute se è “razzista” chiedere più controlli, la realtà si presenta in dogana con la motrice piena.

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