Remigrazione: perché parlarne senza paura (e senza pudore)
- ventisette.info

- 24 nov
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Gallarate, 30 novembre. La piazza si prepara ad accogliere chi da mesi ha scelto di urlare una parola che in Italia suona ancora come un tabù: remigrazione. Non una parolina da social, non un hashtag da condividere, ma un concetto semplice e spigoloso: chi viene qui deve avere regole da rispettare… e chi non le rispetta, beh, può tornare da dove è arrivato.

A scendere in piazza sarà il Comitato Remigrazione e Riconquista, domenica 30 novembre alle 17.30 in piazza Libertà. Un appuntamento che arriva dopo settimane di manifestazioni in diverse città italiane, da Novara a Ravenna e Latina, e che porta la questione remigrazione direttamente nel cuore di Gallarate.
Parliamoci chiaro: l’episodio recente che ha scosso la città – la violenza subita da una donna in pieno giorno – non è solo un fatto di cronaca. È uno specchio impietoso. Mostra che le falle nel controllo dei flussi migratori non sono teorie astratte da dibattito politico, ma problemi concreti che toccano la vita quotidiana delle persone. E allora, parlare di remigrazione non è “ideologia” come qualcuno frettolosamente etichetta: è una questione di sicurezza, di dignità e sì, di buon senso.
Chi ci legge sa che non siamo qui per fare propaganda o per alzare muri invisibili con parole urlate. Siamo qui per dire che il concetto di “remigrazione” va pensato in termini pratici, civili, e radicalmente realistici. Non significa chiudere le porte a chi scappa da guerre o persecuzioni, significa invece rimodellare un sistema che oggi è traballante, caotico, e troppo spesso incapace di distinguere tra chi vuole integrarsi e chi porta pericolo.
E non fraintendeteci: non è una questione di colore della pelle, di nazionalità o di religione. È una questione di regole rispettate o infrante. Di civiltà. Di rispetto reciproco. In un momento in cui la parola “sicurezza” viene usata come slogan, la remigrazione la rende pratica: controllo reale dei flussi, applicazione delle leggi, responsabilità individuale.
Diciamolo con franchezza: parlare di remigrazione fa tremare alcuni. Perché scuote comodità e tabù, perché costringe a guardare in faccia problemi che molti fingono non esistano. Ma forse è proprio questa la strada per recuperare senso comune, coerenza e, sì, sicurezza. Una strada che non ha bisogno di odio o di isteria, ma di chiarezza e coraggio civico.
Gallarate non è solo una città di cronaca, ma un laboratorio: se riusciamo a parlare di remigrazione con intelligenza e onestà, possiamo provare a restituire agli italiani un pezzo di normalità che oggi sembra perso tra articoli di giornale e post. Remigrazione, quindi, non come panacea, non come slogan da comizio, ma come strumento concreto di controllo, prevenzione e responsabilità.
In fondo, se c’è una cosa che abbiamo imparato dai fatti di questi mesi, è che non possiamo più permetterci di rimandare. È ora di rialzare la testa, di guardare i problemi per quello che sono e di affrontarli senza paura né ipocrisia.
Appuntamento quindi domenica 30 novembre alle 17.30 in piazza Libertà: il Comitato Remigrazione e Riconquista ci sarà. E Gallarate si prepara a una piazza che parla chiaro.




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