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🌳 Bosco, bandiere e bugie: a Gallarate arriva il conto (e lo paga chi ha giocato a fare il Robin Hood col cantiere degli altri)

  • Immagine del redattore: ventisette.info
    ventisette.info
  • 2 ott
  • Tempo di lettura: 2 min

In via Curtatone, a Gallarate, l’estate 2024 non ha portato solo zanzare e afa, ma anche una sfilata di “ambientalisti” dal cuore tenero e il braccio lungo, che tra un sit-in e uno slogan hanno pensato bene di occupare abusivamente un cantiere. Il motivo? Una scuola. Sì, proprio così: in un Paese dove si parla ogni giorno di istruzione che manca, loro hanno deciso che costruire una scuola fosse un crimine contro la natura.


Bosco, bandiere e bugie: a Gallarate arriva il conto (e lo paga chi ha giocato a fare il Robin Hood col cantiere degli altri)

Ma attenzione: non parliamo di attivisti qualunque. Tra i 22 rinviati a giudizio (udienza a Busto Arsizio il 22 gennaio) spiccano nomi noti della scena locale: l’ex assessore Cinzia Colombo, Olivia Pastorelli del comitato “Salviamo gli alberi di Gallarate” e Maicol Ripani, in quota anarchici Telos di Saronno. Un tris d’assi che, invece di sedersi a un tavolo democratico, ha preferito piantare tende e parole d’ordine nel fango del cantiere.


Il Comune, che evidentemente ha spina dorsale, ha detto basta. Il sindaco Andrea Cassani ha mantenuto la promessa: Gallarate si costituirà parte civile e chiederà il conto. E non parliamo solo di danni materiali – che pure ci sono, visto il ritardo nei lavori – ma anche di danni d’immagine. Perché sì, non tutti sono disposti a tollerare che un progetto pubblico venga strumentalizzato come palcoscenico ideologico da chi ha scambiato l’ecologia per l’ennesima maschera politica.


E parlando di palcoscenico, la battaglia continua anche lì. Il Gruppo Teatro Bosco Gallarate (nome già tutto un programma) metterà in scena il 5 ottobre uno spettacolo dal titolo “La storia del bosco di via Curtatone”, evento organizzato per raccogliere fondi per le spese legali degli imputati. D’altronde, il copione è sempre lo stesso: si grida alla resistenza, si vestono i panni del Davide contro il Golia capitalista, ma poi si passa il cappello in sala.


Nulla di nuovo sotto il sole. Il verde, quando diventa ideologia, scolorisce in fretta. E dietro certi slogan profumati di clorofilla, si cela spesso un’antipatica nostalgia di collettivi, assemblee permanenti e occupazioni anni ’70. Solo che oggi i muri da imbrattare sono quelli delle scuole che non vogliono far costruire.


In attesa del processo, Gallarate ha già scelto da che parte stare: quella della legalità, del buon senso e – udite udite – dell’educazione. Letteralmente.


E magari, la prossima volta che qualcuno vuole “salvare gli alberi”, prima si assicuri di non mettere radici nelle spese dei cittadini.


Post scriptum per gli ecologisti col cartellone facile: Gli alberi crescono. I ragazzi pure.

E hanno diritto a una scuola, non a un teatrino.

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