A Luino si parlava troppo. E nessuno ascoltava.
- ventisette.info
- 31 ott
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LUINO – Succede anche questo, sulle rive del lago: una logopedista non abilitata, sconosciuta al fisco eppure ben conosciuta da scuole, famiglie e forse da qualche ufficio. Un piccolo mistero di provincia, di quelli che non fanno rumore ma raccontano molto più di quanto sembri.
La donna esercitava da anni, con studio, clienti, ricevute e pure collaborazioni con istituti scolastici. Tutto alla luce del sole, o quasi. Finché un giorno arrivano le Fiamme Gialle e scoprono quello che nessuno aveva “sentito”.
Il punto, però, non è solo la truffa in sé – l’evasione, l’abusivismo, i titoli mancanti. È come tutto questo sia potuto accadere sotto gli occhi di un territorio che si conosce casa per casa, persona per persona.
Dove erano gli uffici comunali che concedono spazi, le scuole che ospitano progetti, le amministrazioni che tanto amano parlare di “rete territoriale”?
Forse la rete c’era, ma come tutte le reti fatte male, lasciava passare i pesci grossi.
C’è qualcosa di profondamente luinese, e profondamente italiano, in questa storia: il confondere la conoscenza personale con la conoscenza reale. Se ti conosco, allora mi fido. Se mi sorridi, allora non ho bisogno di verificare.
Così, mentre i cittadini compilano moduli per un permesso di affissione o per tagliare una siepe, qualcun altro riesce a lavorare anni senza una sola carta in regola.
Eppure, bastava poco. Bastava che qualcuno – un dirigente scolastico, un assessore, un funzionario – chiedesse semplicemente: “Mi fa vedere l’iscrizione all’Albo?”.
Una domanda che non richiede un decreto, solo attenzione.
Ora la Guardia di Finanza farà il suo lavoro, e la giustizia farà il resto.
Ma la prossima volta, forse, bisognerebbe chiedersi chi custodisce davvero il territorio.
Perché non servono grandi scandali nazionali per capire dove si rompe la fiducia: spesso basta un piccolo studio in una via di Luino, e un silenzio generale che vale più di mille parole.
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