Altolà col timbro: a Morazzone Vannacci non sfonda (per ora)
- ventisette.info

- 2 ott
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E niente, anche Morazzone alla fine ha la sua piccola saga politica. Il Generale Vannacci – l’uomo che ha avuto l’ardire di dire pubblicamente quello che in tanti mormorano sottovoce alle cene di famiglia – questa volta non ha messo piede in paese. A fermarlo non è stata la contraerea del pensiero unico, né una levata di scudi da salotto: è bastato un comunicato stampa ben pettinato del sindaco Mazzucchelli, uno di quelli che si leggono con la voce di Bruno Vespa e il tono di chi ti sussurra “non sei tu, siamo noi”.

Il messaggio è chiaro: “Sala pubblica? Solo con richiesta protocollata. Grazie, arrivederci.”
Un invito alla legalità, diranno. Una chiusura elegante, diranno altri. Di fatto, un bel richiamo all’ordine – e neanche tanto velato. Come dire: “Sì al pluralismo, ma senza esagerare. E magari altrove, grazie.”
Bersagli(e) in movimento
Stefania Bardelli, alias la “bersagliera” (etichetta scelta da lei stessa, con encomiabile coerenza bellica), ha provato il colpaccio: portare Vannacci in casa leghista, a due passi da casa Bianchi. Mossa audace. Ma la realtà è che il fronte non è poi così compatto: tra i ranghi del centrodestra – quello lombardo, quello varesino, quello che si sveglia patriota la mattina ma poi la sera si fa prendere da certi pruriti liberal – qualcuno comincia a sudare freddo quando si pronuncia la parola “vannaccizzazione”.
Ma tant’è: Bardelli va avanti come un caterpillar, gazebo dopo gazebo, risottata dopo risottata, e in un post al vetriolo su Facebook invita Galimberti (il sindaco di Varese, centrosinistra, curriculum in “gentrificazione urbana e ztl emozionale”) a un confronto pubblico col Generale. A Morazzone. Peccato che... Morazzone abbia altro da fare.
Mazzucchelli e il balletto della neutralità
Il comunicato del sindaco è un piccolo gioiello di diplomazia istituzionale: formalmente non dice no, ma il sì è talmente condizionato che a leggerlo bene sembra scritto da un dirigente RAI prima di un’intervista scomoda.
“Morazzone è una comunità aperta e pluralista, dove il confronto civile e costruttivo tra opinioni diverse è sempre stato favorito.”
Sì, ma non con troppa enfasi, eh. Altrimenti poi ci tocca spiegare perché ospitiamo uno che parla di patria, onore, sicurezza e altre cose ormai fuori moda nei talk show.
Il sottotesto? Chiaro come il sole: "Stefania cara, trova un’altra sala. E magari un altro comune."
La destra che si guarda allo specchio (e si fa domande)
La vicenda è più di un piccolo incidente amministrativo. È uno spiffero che rivela una crepa: esiste una parte del centrodestra che Vannacci lo applaude in silenzio – magari col telecomando in mano – ma che, quando c’è da concedergli un microfono, preferisce cambiare canale.
Paura del giudizio mediatico? Timore di scivolare nell’etichetta del “vannaccismo spinto”? O semplicemente l’eterna sindrome del moderato, che vuole rassicurare tutti, ma finisce per non convincere nessuno?
Intanto Vannacci rimane fuori dalla sala. Bardelli medita contromosse. Galimberti è invitato al dibattito, ma probabilmente preferirebbe il karaoke in piazza. E Morazzone, per ora, tira un respiro di sollievo istituzionale.
Ma la domanda resta: quanto è grande davvero questa insofferenza verso chi scuote l’albero? E quanto ancora si può fingere che il vento nuovo non stia già entrando dalle finestre, con o senza sala pubblica prenotata?



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