Via Piave, furti in sequenza: Saronno diventa “la città aperta” (soprattutto ai ladri)
- ventisette.info

- 13 ott
- Tempo di lettura: 2 min
Dicono che l’autunno porti via le foglie. A Saronno, pare porti via anche gioielli, contanti e la (già precaria) sensazione di sicurezza. Due furti in pochi giorni in via Piave, zona sportiva: uno in una villetta con bambini, l’altro nell’abitazione di una pensionata. I ladri non fanno distinzioni: democrazia del crimine. Purché tu sia fuori casa e senza telecamere, sei un bersaglio perfetto.

Cronaca di un disastro annunciato
Il primo colpo arriva come da manuale: famiglia fuori per una “commissione”, ladri dentro per la loro. Rapidi, efficaci, professionali – quasi da far invidia. Una finestra forzata, cassetti ribaltati con la grazia di un tornado e via, con un bottino minimo ma sufficiente a rovinarti il rientro.
Secondo episodio, pochi giorni dopo: vittima un’anziana. Storia simile, finale uguale. Serrature scardinate, vetri rotti, casa devastata. Fortuna (si fa per dire): stavolta i delinquenti se ne vanno a mani vuote. Ma il conto lo paga comunque la signora, in danni e ansia.
Chiudere la porta a chiave, ma anche gli occhi?
La domanda, ormai, è sempre la stessa: possibile che ci si debba rassegnare a convivere con il furto come se fosse la pioggia? Una noia stagionale? I residenti fanno la loro parte – denunciano, si parlano tra vicini, si scambiano numeri, messaggi, timori. Ma fuori dal perimetro delle buone intenzioni, il silenzio è assordante.
Perché il problema vero – ed eccoci al punto – è che in nome di una certa visione “progressista” della società, si è smesso di considerare la sicurezza come un diritto. È diventata una parola antipatica. Anzi, sospetta. Guai a dire che certe politiche hanno allentato i freni, che certi quartieri sono più “appetibili” di altri, che il rispetto delle regole non può essere un optional. Sennò ti etichettano. Ti danno del nostalgico. Del populista. Del reazionario.
La libertà del ladro, la paura del cittadino
Nel frattempo, però, c’è chi entra in casa tua. E lo fa con una libertà che il cittadino medio non ha più nemmeno per stendere i panni. Può sembrare una battuta, ma è una fotografia nitida. In questa nuova normalità, chi lavora, chi risparmia, chi si compra una villetta fuori dal caos, scopre che la tranquillità costa. E non sempre si può permettere l’antifurto o la vigilanza privata.
Ma guai a dirlo a voce alta. Meglio parlare di “percezione”, che è il trucco semantico per farti sentire in colpa quando hai paura. No, non è colpa dei ladri, figurati. È colpa tua che esageri.
L’ultima barricata si chiama buon senso
La verità è che in un mondo dove si difendono i diritti di tutti tranne quelli del cittadino comune, dove si celebra la “fluidità” di ogni confine, c’è da stupirsi se anche le porte di casa diventano simbolicamente (e praticamente) aperte?
Le famiglie di via Piave hanno fatto bene a parlare. A raccontare. A rompere quel muro di rassegnazione che a volte è più spesso del cemento. La speranza è che la prossima volta a suonare il campanello sia un vicino, non un piede di porco.
Perché la solidarietà di quartiere è bella, certo. Ma lo Stato non può delegare la sicurezza alla chat di WhatsApp condominiale.




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