Un ladro in cravatta e il grande sonno del salotto buono
- ventisette.info

- 18 set
- Tempo di lettura: 3 min
Rapina a Varese, tra boutique, borghesia e blindature aperte come scatolette

Mentre il Paese si risveglia dal coma estivo tra l'ultima spruzzata di abbronzatura e la prima email di troppo, Varese — elegante, educata, benestante — viene svegliata da qualcosa di decisamente più movimentato: una rapina in pieno centro, dentro una gioielleria, e per giunta Fiocco. Nome poetico, colpo secco.
Il fatto è presto detto, eppure sa di lento cinema italiano anni ‘70: lui entra in giacca e cravatta (probabilmente in trasferta, ché da queste parti certi curriculum non si vedono tutti i giorni), supera due porte blindate come se stesse entrando al Rotary Club, e con la stessa calma con cui si sorseggia un bitter si prende il bottino. Non prima, ovviamente, di aver minacciato la commessa. Classe, ma fino a un certo punto.
Ora, la polizia — e diamo a Cesare quel che è di Cesare — si è messa all’opera: squadra mobile, scientifica, procura, videocamere. Tutti a scandagliare ogni singolo fotogramma, come si cercasse l’assassino di Kennedy su pellicola VHS. E mentre le immagini vanno avanti e indietro, tipo Netflix quando ti perdi un pezzo di dialogo, il ladro è già da un’altra parte. Magari seduto in un bar dell’autogrill, magari già a Madrid.
La questione (più grossa del bottino)
Non è tanto l’ammontare del colpo — ancora ignoto, ancora secretato, ancora non pervenuto — quanto la sensazione di inadeguatezza che resta. Quella di un sistema che si immaginava solido, e invece s’è fatto beffare con la facilità con cui si scarta un cioccolatino. In pieno centro, nel salotto buono. Che poi “buono” sarà anche vero, ma sicuramente è stato anche un po’ distratto.
Eppure non possiamo incolpare il marketing, o la pubblicità, o il solito capro espiatorio del consumismo: anzi, è proprio grazie alla narrazione patinata che sappiamo dove sono i luoghi da colpire. Se non ci fosse il lusso a esistere, i rapinatori che vita farebbero? Tornerebbero ai distributori automatici?
La realtà è semplice: il ladro ha colto un'opportunità. Come un imprenditore con meno scrupoli e più fantasia. E questa è forse la lezione più fastidiosa per chi ancora si aggrappa all’idea che la legalità basti a tenerci al sicuro. No: ci vogliono muri, serrature e occhi aperti. E un po’ meno fiducia nel fatto che tutto debba filare liscio "perché qui non succede mai niente".
Varese, sveglia
C’è una bellezza sopita nella provincia italiana che si crede immune ai mali del mondo. Ma è una bellezza pericolosa, perché ti fa pensare che basti la quiete per stare tranquilli. E invece basta un tizio con la cravatta sbagliata per trasformare un pomeriggio sonnolento in un caso da rotocalco. È il segnale che anche qui, dove ci si crede al riparo, serve più attenzione. E magari anche un po’ più di buonsenso su chi fa entrare, su come si presidia, su come ci si difende.
D’altra parte, in un Paese dove la sicurezza è spesso trattata come una forma di paranoia e non come un diritto basilare, non possiamo stupirci se il ladro è più sveglio dello Stato. Lui agisce, noi analizziamo i frame. Lui cammina, noi revisioniamo protocolli. Lui prende, noi discutiamo di libertà individuali.
Postilla cinica ma doverosa: Chi entra in una gioielleria con giacca e cravatta è uno che ha capito il Paese meglio di molti. Ha capito che l’apparenza è ancora una scorciatoia, che il sospetto è maleducato e che la prudenza è roba da retrogradi. Noi ci indigniamo, certo, ma intanto continuiamo a fidarci della forma. Che ci piaccia o no, lui ha semplicemente giocato la sua partita. Noi invece stiamo ancora sistemando il campo.
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