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Studenti accatastati sugli autobus? Tutto normale, è settembre baby

  • Immagine del redattore: ventisette.info
    ventisette.info
  • 18 set
  • Tempo di lettura: 3 min

Autolinee Varesine rassicura: i posti ci sono. È solo che nessuno ha ancora imparato a fare la fila.


Studenti accatastati sugli autobus

Settembre è il mese del ritorno all’ordine: si spegne l’estate, si riaccendono le sveglie, si rispolverano i diari e, ovviamente, si torna a parlare di trasporti pubblici. Più precisamente: di studenti stipati come pacchi Amazon su pullman mattutini diretti verso le scuole superiori di Varese.

Uno studente scrive alla redazione con un tono civile ma esausto: "È il secondo anno che segnalo la cosa". Si riferisce alla linea V120, quella che parte da Angera e raccoglie ragazzi da mezza provincia. Il pullman è pieno, dice lui, già da Comerio — e chi sale più tardi, da Ispra, si arrangi. O si alleni al contorsionismo.


La risposta: “Tutto sotto controllo”

Autolinee Varesine risponde con un comunicato dettagliatissimo, preciso fino al millimetro. Parlano di "piani di carico", di personale presente alle fermate, di autobus snodati da 18 metri, di fermate alternate per ottimizzare i flussi. E poi la chicca: “In tutti i giorni di scuola sono sin qui avanzati oltre venti posti in piedi”. Tradotto: sì, ci si può viaggiare stretti, ma nessuno è stato lasciato a terra. Missione compiuta.

C'è anche un richiamo garbato all'ignoranza collettiva: "Forse qualcuno pensa che viaggiare in piedi non sia regolare. Lo è eccome". Una frase che, se letta al contrario, dice tutto: c'è ancora chi si aspetta di sedersi su un mezzo pubblico. Addirittura.


Il problema non è il trasporto. È l’aspettativa.

Ora, chiariamo: l’azienda ha risposto bene. Serietà, numeri, logica. Però la sensazione che rimane è quella tipica delle burocrazie moderne: tutto è formalmente corretto, ma umanamente faticoso. Il servizio funziona sulla carta, ma chi lo vive ogni giorno — soprattutto chi paga — sente che qualcosa non torna.

E allora ecco che si insinua un’idea scomoda, ma fondamentale: la civiltà non è solo garantire un minimo, ma puntare a un massimo. Non basta non lasciare a piedi nessuno. L’obiettivo, se siamo un Paese che vuole stare al passo, dovrebbe essere un servizio pubblico dove l’efficienza non somiglia a una prova di sopravvivenza.


Questione di responsabilità. E di priorità.

Il trasporto scolastico non è un imprevisto meteorologico. Ogni anno, nello stesso mese, succede la stessa cosa: sovraffollamento, corse caotiche, proteste. E ogni anno si risponde: “È solo il periodo provvisorio”. Come se fosse la prima volta.

Ma chi gestisce un servizio pubblico — pagato da abbonamenti, da famiglie, da contribuenti — ha il dovere di farsi trovare pronto. Non servono miracoli. Basta serietà. Basta ricordare che l’ordine non è una reazione, è una progettazione.

E se ogni settembre è l’inizio di un’emergenza, forse qualcuno non ha fatto bene i compiti durante l’estate. Gli studenti, quelli veri, almeno i compiti li provano a fare.


Conclusione: la civiltà comincia alle 7:00

Il trasporto pubblico è un termometro silenzioso di come funziona una società: chi rispetta le regole, chi si prende le responsabilità, chi arriva puntuale. A volte, non serve neanche aumentare i mezzi. Basterebbe imparare a salire con ordine, cedere il posto, parlare meno e osservare di più.

Cose che non si insegnano nei corsi di “educazione civica”, ma che cambiano radicalmente l’esperienza di un viaggio. E la qualità della convivenza.


VENTISETTE.INFO – Il blog che prende il pullman, ma con stile.(E senza pestarti i piedi.)

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