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Scontro in viale Ippodromo: auto, ambulanze e quel traffico che non è solo una rottura… ma un sintomo

  • Immagine del redattore: ventisette.info
    ventisette.info
  • 18 set
  • Tempo di lettura: 3 min

Ore 22:20. Viale Ippodromo, Varese. Mentre qualcuno si preparava alla tisana della sera e qualcun altro forse stava scegliendo la serie da binge-watchare su Netflix, ecco che due auto si danno appuntamento nel modo peggiore: incrocio con Largo Martiri della Libertà, botto secco, quattro persone coinvolte.


Scontro in viale Ippodromo

Sul posto, due ambulanze, vigili del fuoco e forze dell’ordine. Per fortuna, nulla di gravissimo: due dei coinvolti portati via in codice giallo e verde, gli altri valutati sul posto. Una ventenne, un ventiduenne, un uomo di 50 anni e una donna di 46. Generazioni diverse, stili di guida (forse) diversi, ma stesso risultato: carrozzeria da buttare e strada bloccata.


Il caos del dopocena

Ora: nessuno qui vuole fare il moralista. Gli incidenti possono capitare. Ma capita sempre più spesso che la sera, tra un semaforo ignorato e una rotatoria presa come fosse una pista di Formula 1, le nostre strade si trasformino in qualcosa di troppo vicino a un videogioco.

E no, non è colpa del buio. E nemmeno delle buche, del meteo o del traffico. Spesso — lo sappiamo ma non lo diciamo — è colpa della testa. Di quella cosa fuori moda che si chiamava responsabilità individuale, che una volta ti insegnavano a scuola guida e adesso è sepolta sotto tonnellate di TikTok mentre si guida con un occhio al telefono e l’altro (forse) sulla strada.


Civiltà è saper frenare

A Varese — come altrove — ci si riempie la bocca di parole come sostenibilità, convivenza, sicurezza, ma intanto nessuno si ferma più nemmeno al giallo. Come se il codice della strada fosse un consiglio opzionale e la prudenza un vezzo da pensionati.

Poi però, quando succede il botto, arrivano le ambulanze, il post drammatico sui social e la foto dell’auto distrutta. Tutti bravi a condividere, pochi a mettersi in discussione.


Più controlli, meno chiacchiere

Ogni volta che accade un incidente, ci si affretta a dire “bisogna rifare la segnaletica”, “servono più rotonde”, “mettiamo i dissuasori”. Giusto, per carità. Ma la verità è che servono più controlli. Seri. Visibili. E costanti. Altro che “città gentile”. Qui serve ricordare che la legge si fa rispettare anche su quattro ruote.

Magari qualcuno storcerà il naso: “Eh, ma così sembra uno stato di polizia”. No, amico mio: si chiama cultura del limite, quella che distingue una comunità adulta da un eterno asilo anarchico.


Una città si vede anche da come guida

Viale Ippodromo non è un circuito. È una strada urbana, come tante, con semafori, incroci, e una quantità di vite che attraversano sulle strisce fidandosi del fatto che tu freni. E invece spesso siamo lì, tutti a sgomitare per arrivare 20 secondi prima, a infilarsi tra due corsie come se fosse una gara a premi.

Nel frattempo, i numeri parlano chiaro: in Italia gli incidenti stradali tornano a crescere. Non servono grandi riforme, non serve riscrivere il codice. Serve educazione. E fermezza.


🚨 Conclusione: il vero progresso ha la cintura allacciata

Un incidente non è solo una notizia di cronaca. È un promemoria collettivo. E se ogni tanto la cronaca ci mette davanti agli occhi una fiancata sfondata, non è solo per dirci “guida piano”, ma per ricordarci che una società civile non è quella che si commuove dopo il botto, ma quella che previene il botto.


La libertà — anche quella di andare dove vuoi, quando vuoi — non può vivere senza regole. E senza chi le fa rispettare.


Nel dubbio, frena. Non si sa mai chi sta attraversando. O chi ti sta guardando.

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