Saronno, città senza parcheggi (ma con tante buone intenzioni)
- ventisette.info

- 29 ott
- Tempo di lettura: 2 min
C’è chi dice che il Natale è magia. A Saronno, invece, rischia di essere una caccia al tesoro: il tesoro è un parcheggio, e il premio è poter fare due passi in centro senza dover giurare vendetta al Comune.

Sì, perché mentre gli assessori illustrano progetti, visioni e strategie “per il commercio cittadino”, la realtà ha una forma molto più prosaica: quella di un automobilista che gira da venti minuti attorno alla ZTL sperando in un miracolo.
La verità è semplice e dolorosa. Negli ultimi anni, qualcuno ha deciso che l’auto è il male assoluto, una specie di simbolo del passato da cancellare. Risultato? Posti tagliati, vie chiuse, rampe bloccate, parcheggi eliminati “per riqualificare” e un centro storico che sembra un labirinto a senso unico. Tutto molto green, tutto molto europeo. Peccato che nel frattempo i commercianti chiudano alle sette e i cittadini arrivino alle sette e mezza.
L’associazione Obiettivo Saronno l’ha detto chiaro: “non si può punire chi usa l’auto”. Già. Perché dietro ogni volante non c’è un mostro ecologico, ma un genitore che accompagna i figli a scuola, un lavoratore che timbra il cartellino, un anziano che prova ancora a capire come si usa la macchinetta dei ticket (quella con la targa, il numero di stallo e l’esame di pazienza incorporato).
E intanto, mentre il centro si svuota, gli autosilo restano deserti nelle ore serali. Paura, poca sicurezza, troppe cronache nere. Ma di questo si parla poco, perché non suona bene dire che certe zone “non sono sicure”. Fa più fine dire che “serve rigenerazione urbana”.
Forse sarebbe il caso di fare una scelta meno ideologica e più pratica: riaprire la ZTL almeno di notte, restituire parcheggi dove possibile e soprattutto riconoscere che la città vive solo se chi la abita può permettersi di viverla.
Perché una città che rende difficile persino parcheggiare, è una città che si è dimenticata di chi la tiene viva: chi lavora, chi compra, chi si muove. Tutto il resto – i progetti, i rendering, i tavoli di confronto – rischiano di restare esercizi di stile.
E lo stile, si sa, non tiene in piedi un negozio né risolve un’emergenza.




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