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Poste Italiane, ma senza il fastidio di avvisare: a Gorla Maggiore l’ufficio chiude per sei mesi (e nessuno sa nulla)

  • Immagine del redattore: ventisette.info
    ventisette.info
  • 3 ott
  • Tempo di lettura: 2 min

Sei mesi senza ufficio postale. Non in una remota frazione alpina abitata da tre capre e un piccione zoppo, ma a Gorla Maggiore, in provincia di Varese, dove l’efficienza – almeno fino a ieri – era ancora una parola con un senso. Peccato che Poste Italiane abbia deciso che avvisare qualcuno (tipo il Comune, i cittadini, magari anche solo il postino) fosse un’operazione superflua. Dopotutto, chi ha bisogno di comunicazione nel 2025?


Poste Italiane, ma senza il fastidio di avvisare: a Gorla Maggiore l’ufficio chiude per sei mesi (e nessuno sa nulla)

Il sindaco lo scopre per caso. E no, non è uno sketch comico

Il primo cittadino Pietro Zappamiglio ha scoperto della chiusura non tramite protocollo ufficiale, mail, PEC, segnale di fumo o corriere a cavallo. No: l’ha letta su un foglietto appiccicato dentro l’ufficio postale. Dentro, sì. Quindi se eri fuori, magari con problemi di mobilità (o anche solo un briciolo di dignità), niente da fare: la notizia non ti riguardava.


«Abbiamo appreso da una comunicazione affissa all’interno...», scrive il sindaco su Facebook, visibilmente alterato, ma con quel decoro istituzionale che serve quando si è sul punto di lanciare una ciabatta contro il muro.


Sei mesi di stop. Ma tranquilli, è solo una ristrutturazione

Il motivo? Lavori di ristrutturazione. E va bene, nessuno ha nulla contro il progresso. Però, prima di murare le porte e abbandonare i gorlesi a pellegrinaggi postali nei comuni limitrofi, forse – dico forse – un piccolo confronto con l’amministrazione locale sarebbe stato il minimo sindacale.


Zappamiglio è chiaro: «La lunga sospensione del servizio causerà disagi alla popolazione, soprattutto all’utenza non più giovane». Tradotto: i nostri anziani dovranno farsi chilometri per pagare una bolletta. Ma sì, dai, una bella passeggiata all’ufficio postale di un altro paese, magari sotto la pioggia. Non volevamo tutti "invecchiare attivi"?


Il pubblico servizio? Sempre più privato. Della vergogna.

Dov’erano le famose “relazioni con il territorio”? Quelle che nelle brochure aziendali vengono incensate con paroloni come prossimità, dialogo, radicamento? Forse stanno facendo pausa caffè da sei mesi anche loro.


Perché la verità è semplice: la distanza tra chi decide e chi vive si fa ogni giorno più larga. E no, non serve un'ideologia per notarlo: basta guardare la fila di anziani con il numerino in mano a Fagnano o Marnate, chiedendosi perché devono attraversare mezza provincia per una raccomandata.


Intanto il Comune resta con un cerino (e il mercato da spostare)

Perché oltre al danno, la beffa: lo stesso periodo della chiusura coincide con lo spostamento del mercato nell’area del parco della meridiana. Servizi in transizione, cantieri ovunque e una popolazione che non è fatta di avatar digitali, ma di persone in carne, ossa e (spesso) bastone.


Zappamiglio conclude con la promessa di “monitorare il progetto”. Tradotto per chi ha memoria lunga: vigileremo affinché questi sei mesi non diventino otto, dieci, o – come succede sempre più spesso – per sempre.


Morale?

Se vuoi far sparire un servizio pubblico nel 2025, fallo con discrezione, non avvisare nessuno e magari chiudi la porta dall’interno. Tanto fuori c'è solo un sindaco, qualche pensionato, e un’intera comunità che, a quanto pare, non merita nemmeno una mail.


Benvenuti nella modernità. Quella dove lo Stato c'è, ma non si vede. E quando sparisce, nemmeno ti avverte.

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