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L’Insubria scopre la geopolitica. Ma solo quella che fa tendenza.

  • Immagine del redattore: ventisette.info
    ventisette.info
  • 23 set
  • Tempo di lettura: 2 min

Anche l’Università dell’Insubria ha deciso di unirsi al grande coro globale: comunicato ufficiale, mozione approvata all’unanimità, toni solenni e tanta, tantissima preoccupazione. Non per tutto, ovviamente. Solo per Gaza, dove – testualmente – vengono condannate “le gravi violazioni dei diritti umani fondamentali continuamente reiterate”.


L’Insubria scopre la geopolitica. Ma solo quella che fa tendenza.

Il Senato Accademico, compatto come una classe il primo giorno di gita, ha votato a favore della mozione presentata dalla rettrice Maria Pierro. Un documento pieno di parole pesanti e nobili – pace, giustizia, solidarietà, corridoi umanitari – ma altrettanto attento a non disturbare troppo la narrazione dominante.


Quando l’accademia scende in campo... dalla tribuna giusta

Si condanna la violenza, certo. Ma solo quella giusta da condannare. Nessun accenno chiaro a chi ha iniziato il massacro il 7 ottobre 2023, nessun riferimento esplicito al terrorismo, né al fatto che a Gaza, da decenni, il potere è nelle mani di un'organizzazione che inserisce armi nei pannolini e usa gli ospedali come depositi.


Ma non preoccupatevi: l’Insubria c’è. Pronta a fare la sua parte con “iniziative a sostegno della pace” e “il dialogo interculturale”. Tutto bellissimo, certo, ma un po’ troppo simile a quella diplomazia da campus, che si accende solo quando c’è un hashtag pronto da usare.


Coscienze critiche (ma ben allineate)

Nel testo si legge che l’università non si limita a trasmettere competenze, ma vuole formare “persone libere, consapevoli e responsabili”. Il che suona bene, finché non si traduce nella solita formula: critici sì, ma solo con chi non rientra nella mappa dei buoni approvati.


C’è poi il riferimento all’adesione alla Risoluzione del Parlamento Europeo dell’11 settembre 2025. Una data che fa sorridere, se si pensa che lo stesso Parlamento europeo fatica a trovare un’unità di vedute anche sul concetto di “terrorismo”. Ma in accademia, evidentemente, l’importante è avere un documento da citare.


Il punto non è Gaza. È la coerenza.

Parliamoci chiaro: la tragedia in corso nella Striscia è reale, terribile e merita attenzione. Ma quando un’università italiana decide di esporsi così apertamente su un conflitto internazionale, ci si aspetterebbe la stessa fermezza anche su altri teatri di guerra. E invece, il silenzio su massacri più scomodi – magari lontani dai riflettori o dove il carnefice non è politicamente corretto – resta assordante.


Dove erano le mozioni quando i cristiani venivano massacrati in Nigeria? O quando le donne afghane venivano cancellate dal sistema scolastico? O ancora, quando migliaia di armeni venivano sfollati nel silenzio generale?


Cultura o conformismo?

A leggere questa mozione, viene da chiedersi: le università sono ancora luoghi di pensiero critico, oppure macchine per la produzione di dichiarazioni da bacheca social?


Perché una cosa è certa: prendere posizione costa zero, quando lo fai nella direzione in cui soffia il vento. Il difficile – e forse anche il più onesto – è farlo quando sei solo, o quando rischi di disturbare qualcuno.

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