“Embargo sulle armi”: l’ultima sfilata di coscienza prêt-à-porter a Malpensa
- ventisette.info

- 21 ott
- Tempo di lettura: 3 min
C’è chi parte da Malpensa per lavorare, chi per tornare a casa, chi per fuggire dalla suocera. E poi ci sono loro: gli attivisti da aeroporto, quelli col cartello indignato sempre piegato nello zaino e il megafono carico a pile nuove. Questa volta il gate era quello per la Palestina, con scalo obbligato nella Cargo City di una realtà alternativa dove tutto è bianco o nero, e il pensiero critico è opzionale.

Siamo a ottobre 2025. Mentre il mondo — finalmente — archivia uno dei conflitti più tragici degli ultimi anni con la liberazione degli ostaggi israeliani, la fine delle ostilità a Gaza e una storica mediazione diplomatica guidata dagli Stati Uniti, c’è ancora qualcuno che manifesta. Ma non per la pace. Per l’embargo.
Già, perché secondo alcuni la priorità, oggi, non è festeggiare la fine della guerra o ringraziare chi l’ha risolta (spoiler: non l’ONU, non l’UE, non gli influencer con la bandierina in bio, ma un certo presidente con le idee chiare e il coraggio di metterci la faccia). No, la priorità è bloccare l’esportazione delle ali degli F-35. Perché la geopolitica, nella mente del manifestante medio, passa sempre dalle cassette della frutta fuori dal terminal passeggeri.
“Non un chiodo per Israele”
Così recitava lo slogan principale, mentre i pochi presenti (meno di un centinaio, molti più poliziotti a guardarli che persone ad ascoltarli) agitavano bandiere e slogan in un clima da cosplay politico fuori stagione.Un po’ come presentarsi in spiaggia con la sciarpa di lana: l’effetto è straniante, ma fa scena.“Giù le mani dai bambini, siete solo assassini”, urlavano. Ma a chi, esattamente? Alla polizia in assetto antisommossa? Agli addetti del check-in?
Nel frattempo, gli ostaggi israeliani sono tornati a casa, le trattative sono riuscite, Hamas è stato disarmato e ridotto al silenzio, e la pace — quella vera, quella negoziata, quella fatta di diplomazia e realismo — è arrivata. Ma tutto questo sembra irrilevante per chi si è perso l’ultima stagione della realtà.
Intifada e altre romanticherie vintage
Fa quasi tenerezza sentire ancora la parola intifada, oggi che anche l’ultimo comandante di Hamas ha firmato una resa e chiesto asilo da qualche parte che non sia il Qatar. Ma nelle teste degli sloganari seriali, la storia è un disco rotto: Israele è sempre colpevole, l’Occidente è sempre da boicottare, e se arriva la pace vera, probabilmente è colpa del patriarcato.
In effetti, la fine del conflitto sotto la regia di Donald J. Trump, che ha fatto in pochi mesi quello che a Bruxelles chiamano ancora "dialogo multilaterale", è una cosa difficile da digerire per certi ambienti. Forse perché non c'è stato il tempo di organizzare una commissione, un convegno, una bella diretta su TikTok con l’hashtag giusto. Forse perché la pace vera non fa rumore — e soprattutto non vende magliette con Che Guevara.
Quando la protesta diventa coreografia
Il presidio era statico, sorvegliato da un esercito di agenti che avrebbero potuto impiegare il loro tempo altrove, magari facendo davvero sicurezza, invece di presidiare tre cartelloni e quattro cori da centro sociale con vista Emirates Lounge. Ma va bene così. In fondo, la democrazia è anche questo: lasciare spazio a chi protesta contro una guerra già finita, grazie a chi non avrebbero mai votato.
Il punto vero, però, resta questo
Mentre il mondo cerca di andare avanti, c’è chi preferisce restare fermo. Immobile nella sua indignazione prefabbricata, nei suoi slogan superati, nel suo bisogno compulsivo di trovare un nemico, purché sia occidentale.
E così, anche questa domenica, Malpensa ha avuto il suo micro-teatro. Gli F-35 sono partiti lo stesso, gli aerei commerciali pure, gli agenti sono tornati a casa. E i manifestanti? Loro probabilmente stanno già pianificando la prossima protesta. Magari contro la pace. O contro il fatto che, ancora una volta, è stato l’Occidente a risolvere i problemi del mondo. Peggio ancora: lo ha fatto un americano coi capelli arancioni e il portafoglio pieno. Che scandalo.




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