Somma, Aliprandini candidato sindaco? Quando la sinistra riesce a non decidere nemmeno su se stessa
- ventisette.info

- 21 set
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Dicono che a sinistra abbiano tante anime. Il problema è che, quando provano a metterle insieme, riescono solo a fare sedute spiritiche. Il caso di Somma Lombardo è l’ennesima seduta andata male.

Ecco il quadro: Stefano Aliprandini, vicesindaco uscente, pareva pronto, determinato, deciso. Un uomo che – ci dicono – ama la città, è serio e persino preparato. Tutti pregi che, evidentemente, nel PD fanno suonare sirene d’allarme. Infatti, appena si è cominciato a pronunciare il suo nome con un po’ più di convinzione, sono arrivati i pompieri di partito a raffreddare gli animi: "Non abbiamo ancora fatto valutazioni su altre disponibilità", dichiara con entusiasmo da bradipo il segretario locale, Banaj.
Tradotto: "Calma, non è detto che ci serva uno competente".
Già, perché il Partito Democratico – in un raro momento di sincerità – sembra voler prendere tempo. O forse più che prendere tempo, lo stanno perdendo. Ma va detto, in loro difesa: mica è facile trovare l’unico candidato su cui il PD e Somma Futura non riescano a mettersi d'accordo.
Anche l’assessore Piantanida – uno che si fa vedere spesso in piazza, ma che sembra trovarsi più a suo agio nei comunicati vaghi – si sbilancia con un entusiasmo che nemmeno un bagnino a Linate a gennaio: "Aliprandini? Una buona base di partenza". Ma anche qui, il freno a mano è tirato: “Se questo possa bastare, non lo so”.
Insomma: è come dire a qualcuno che è bello, ma non abbastanza per uscire a cena.
Ora, l’ironia è che l’unico entusiasmo sincero per Aliprandini arriva da... Sinistra per Somma (che pare il nome di un gruppo Facebook in cui ci si scambiano piantine di basilico e post nostalgici sull’URSS). E da Somma Civica, che suona più come un comitato per salvare le aiuole che un partito politico. Ma almeno loro una posizione ce l’hanno: “È un’ottima persona, ha esperienza, è credibile”. Qualcuno lo dica al PD.
Nel frattempo, la coalizione di centrosinistra è ancora lì, a fare tavoli. Tavoli larghi, tavoli ristretti, tavoli tecnici, tavoli politici. Manca solo il tavolo Ouija per contattare l’ultimo briciolo di coerenza interna. E mentre si aspetta che la macchina democratica decida – con la solita lentezza da parcheggio automatico senza sensori – chi sarà il prescelto, Aliprandini resta lì: serio, educato, composto. Ma sempre in panchina.
E allora, una domanda sorge spontanea: se nemmeno il suo partito ci crede davvero, perché dovrebbe farlo la città?
D’altra parte, lo sappiamo, a sinistra va così: si dichiarano sempre pronti a "costruire insieme", ma poi litigano su chi porta i mattoni. E il risultato è che non si costruisce nulla. Se non muri – ideologici, naturalmente – tra loro.
Nel frattempo, la città osserva. E magari aspetta qualcosa di diverso. Qualcuno che non debba passare per sei commissioni e dodici tavoli per dire “mi candido” con un po’ di dignità e visione. Ma questa, si sa, è un’altra storia. Forse non scritta dal PD.




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